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IL MIRAGGIO DI BOLOGNA

Post n. 3 pubblicato il 15 Dicembre 2010

Esiste una città in Italia veramente ospitale per il mondo gay?
Per decenni la capitale indiscussa è sempre stata Bologna, ma non in quanto sede nazionale dell’ArciGay, bensì per l’apertura mentale dei bolognesi, della loro capacità di accettare (o talvolta tollerare) ciò che per molti era diverso e quindi da condannare.
In pochi lo sanno ma è stata Bologna la prima città d’Italia ad istituire un registro per le coppie di fatto aperto anche alle coppie omosessuali e questo fin dal lontano 1982.
Ma col tempo la “capitale” non ha saputo cogliere le grandi opportunità che le si offrivano. Altre città oggi vengono identificate come capitali ma più per il numero di locali a disposizione che per la loro reale vivibilità.
Prendiamo ad esempio un ragazzo di 17-18 anni che gira con il suo fidanzato in due città: Bologna e Milano.
Bologna: che siano in centro, nella periferia, a S. Lazzaro o Casalecchio di Reno, potranno girare tranquillamente mano nella mano e scambiarsi di tanto in tanto un bacio senza destare alcuna reazione violenta, al massimo lo sguardo esterrefatto e qualche commento sottovoce dal classico pensionato ancora un po’ retrò di mentalità.
Milano: tutto bene fintanto che gironzoli per il centro tra il Duomo e via Montenapoleone, ma siamo proprio sicuri che alle Bande Nere o in altre zone ci sia tutta questa tranquillità? Secondo il parere di alcuni miei amici pare proprio di no.
Certo… a Milano, come pure a Roma, ci sono addirittura le gay-street, ma cosa se ne fa Bologna di un ghetto gay quando i locali sono sparpagliati un po’ ovunque?!?
Ma purtroppo Bologna ha i suoi limiti.
Migliaia di ragazzi gay arrivano in questa città ogni anno come meta dei propri studi scegliendo Bologna per il prestigio dell’Alma Mater Studiorum e per le mille opportunità libertarie del luogo, iniezioni demografiche di nuovi ragazzi che arrivano in cerca di divertimento, della libertà altrove negata e talvolta del grande amore. Ma il brutto di Bologna è che esiste una sorta di tendenza a lasciarsi plasmare dalla collettività in un unico grande stereotipo.
Per farvi un esempio molto semplice con un’altra città abbastanza vivibile per noi gay: Firenze. Quando entri in un locale (che sia il Piccolo, lo Yag o il Tabasco, anche se adesso è chiuso) vedi tantissimi ragazzi diversi: il griffato, il fashion victim, il camicia e jeans, l’orsetto e molti altri generi. Si, i ragazzi di Firenze possiamo veramente raffigurarli con un arcobaleno con tutti i suoi colori e le migliaia di sfumature.
Ma quando entri in un locale a Bologna… le cose cambiano decisamente. Una marea di persone alla fine dei conti diverse solo nei lineamenti del proprio viso e nei centimetri sotto le mutande, un unico immenso colore spalmato in ogni angolo e altro non poteva essere che un rosa Barbie.
Non me ne vogliano i bolognesi (in senso generico perché di veri bolognesi gay credo ne siano rimasti circa 3, me compreso!), ma il panorama omo di bologna è una pessima tinta unita!
Ok ok, in parte io stesso ne faccio parte: amante della moda con le mie due Luois Vuitton e la mia fedele Gucci, con la voglia di esuberare e tutto il resto.
Ma finita la serata finisce il personaggio. Molti invece al loro risveglio proseguono imperterriti continuando ad indossare le loro vesti Barbiane.
In parte la mancata capacità di azione della realtà bolognese e per l’altra questa tinta unita quasi infettiva hanno dato un grosso smacco a quella che meriterebbe il titolo di capitale gay italiana indiscussa.
Christ

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