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Carrie: IL FLIRT RITROVATO

Con tanto dispiacere per la cattiveria di una persona in particolare che di questa notizia non gioirà (mi spiace per te!), finalmente i tanti sacrifici stanno dando il loro sperato risultato: la perdita di peso.
Al momento sono già sceso di una taglia, ma nonostante questo s’incominciano a vedere i primi risultati: tornare ad essere notato.
Da troppo tempo non mi succedeva più, eccetto le continue attenzioni di Alexander, ma questo sarà un altro capitolo.
Adoro le primissime fasi del corteggiamento in pubblico: il gioco di sguardi, i fugaci contatti fisici, l’approccio spesso banale, le prime impacciate frasi,…
Decisamente molto meglio dei tristi incontri in discoteca dove, giusto dopo le presentazioni, scatta il fatidico: “ti va di scopare?”.
Il lato brutto della situazione viene se pensiamo dove i due più carini hanno fatto la loro mossa: sul lavoro.
Il primo dopo una lunga serie di sguardi ha deciso di farsi avanti mediante un ripetuto gioco con il dito indice, facendomelo scivolare sul palmo della mano ad ogni occasione utile.
Il secondo invece ha optato per una strategia alquanto diversa: dopo lo scambio di sguardi ha iniziato una continua passerella davanti ai miei occhi, come un pavone che si mette in mostra facendo la ruota.
Il culmine l’ha raggiunto durante una mia pausa in cui fumavo una sigaretta: nel passarmi accanto mi ha salutato con un inglese un po’ incespicante, mi ha fatto l’occhiolino ed in contemporanea mi ha appoggiato la mano all’altezza della scapola destra, mano che in men che non si dica è scivolata fino al sedere.
Ecco però subentrare un nuovo problema: la mia professionalità.
In vita mia è successo solo una volta che mi sia lasciato andare con un cliente e non penso che potrà mai più ripetersi per un senso di correttezza mio personale, a meno che lui non decida di farsi avanti una volta che io sia fuori dal posto di lavoro…
Finalmente sto rientrando nella normalità di una vita sociale, anche se sinceramente mi ci sento più catapultato che tornato.

Proprio un paio di giorni fa ero in negozio da Stanford ed entrano quattro ragazzi.
I due maschietti che accompagnavano le amiche a fare shopping gironzolavano per il negozio quando, senza nemmeno un preavviso, mi sono ritrovato una mano aperta all’altezza della natica destra, mano non appoggiata delicatamente ma con un fare direi quasi deciso di chi sa cosa sta facendo.
Dopo un minuto di imbarazzo è seguito un quarto d’ora di esaltazione personale!
Non è una lamentela la mia, al contrario, era tanto tempo che lo desideravo e tutto questo mi ripaga per gli sforzi compiuti in questo senso e mi infonde nuove energie, una maggior sicurezza in me stesso.
Ma perché la nostra società tende ad isolare le persone semplicemente per la loro esteriorità e non per ciò che realmente esse sono? Siamo veramente la generazione dell’apparire o ci stiamo semplicemente lasciando condizionare dai cliché?
Io continuo ad essere sempre la stessa persona, nulla è mutato del mio essere interiore, eppure è stato necessario un cambio di esteriorità per riportarmi in auge, perché tornassi ad essere notato.
Forse io stesso, con i miei sacrifici ed il mio impegno, sono caduto da solo nella trappola dell’apparenza, nel volermi veder tornare ai miei tempi d’oro in cui il pantalone più largo era una taglia 40.
Starei quindi predicando bene e razzolando male nel voler vedere nuovamente in me quella capacità di piacere?
In teoria tutto questo dovrebbe essere per un miglioramento della salute, ma so bene che le mie motivazioni non sono queste.
Si, sono colpevole di voler tornare dentro alla società a testa alta e vita stretta!
E se ora posso ricominciare a giocare ai flirt con chi passa per la strada o con i clienti, cosa potrò permettermi una volta raggiunto il mio obbiettivo “taglia 40”?

Carrie

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